| Stampa |

precedente...

       mf : La rilevanza “foucaultiana” del vostro appello, a nostro avviso, risiede prima di tutto nella scelta di intraprendere una lotta che si estende a molteplici fronti – fronti che d’altronde sono stati tutti affrontati da Foucault stesso. E tuttavia, com’è possibile concepire la presenza degli intellettuali a fianco dei professionisti di settore? Questa nuova modalità di pratica politica comporta anche una ridefinizione dell’impegno intellettuale?

       C. Laval : Si può dire che il movimento dell’Appel des appels trasforma (piuttosto che riprendere) la rappresentazione che Foucault dava del ruolo, nelle lotte, degli intellettuali detti “specifici”. È assolutamente provato che le lotte in corso non si rifanno più all’autore di una grande opera e di una grande dottrina, che coprirebbe con la propria ala giustificatrice le mobilitazioni e le forme d’organizzazione. Gli intellettuali generali sono ormai solo tristemente e piattamente “mediatici”. Ma l’ipotesi dell’“intellettuale specifico” non ha trovato la sua auspicata conferma storica. A partire dagli anni Ottanta, regna come (piccolo) padrone l’Esperto al servizio della modernizzazione delle forme di dominazione, spesso reclutato tra i militanti e poi “capovolto” per essere fatto agire e parlare contro i “professionisti”, considerati arcaici, scansafatiche, elitistici. Le amministrazioni francesi sono piene di questi “ex”-comunisti, -maoisti, -autonomi o -trozkisti che hanno giocato la carta della “democratizzazione”, della “nuova gestione pubblica”, delle “nuove tecnologie” o delle “relazioni umane”, e che hanno saputo equipaggiarsi delle ragioni migliori del mondo per passare dal lato buono, ovvero dal lato dei profitti materiali e simbolici. Sono loro che ritroviamo spesso nelle forme “moderniste” della social-democrazia, cioè in quel movimento molle e accogliente del neoliberalismo di sinistra. Sono questi piccoli esperti modernizzatori ad aver confiscato lo “specifico” dei mestieri, facendo leva soprattutto sullo sviluppo delle scienze sociali utilizzate in modo normativo per alimentare una gestione falsamente morbida. Uno psicanalista, durante una riunione recente dell’Appel des appels, parlava molto giustamente degli “ex-pari” che definiva come i vecchi compagni che ci hanno tradito…

Le forme organizzate del salariato, le confederazioni sindacali in particolare, non hanno ancora saputo o potuto riorganizzarsi a sufficienza per dar vita a collettivi intellettuali specifici di contestazione, ovvero a professionisti che si potrebbero strutturare, in ogni campo professionale, in gruppi cooperativi di produzione di analisi critiche e di contro-discorsi. Certo, ci sono stati alcuni tentativi, tra cui quello al quale partecipo da più di dieci anni – l’istituto di ricerca della FSU [Fédération Syndicale unitaire] – ma, per ragioni che un giorno dovranno essere seriamente esaminate, siamo ancora lontani dall’aver raggiunto lo scopo prefisso, anche se non si deve disperare. Bisognerebbe anche guardare dalla parte delle associazioni professionali, dei piccoli sindacati, in particolare nel campo della sanità, della cura psichica, della giustizia, per constatare il fiorire di questi collettivi intellettuali specifici. Il sindacato della magistratura, che partecipa molto attivamente all’ADA, ne costituisce ai miei occhi il modello.

Ma, per ritornare all’ADA, occorre sottolineare la sua doppia novità. Da una parte, le persone che si riconoscono in questo movimento sono dei professionisti intellettuali, o più esattamente dei membri di professioni intellettuali o intellettualizzate; da questo punto di vista, non sono sicuro che accetterebbero la qualifica di intellettuali, o di intellettuali “specifici”. Dall’altra parte, precisamente, questi professionisti non intendono negare, bensì superare la “specificità” della loro professione e delle loro pratiche: questa specificità, la vivono come una base e un punto di partenza dell’azione, come un possibile punto d’incontro tra i mestieri, ma anche come un limite e ostacolo se ci si continua a rinchiudere in una logica corporativa. Non vogliono abbandonare il terreno preciso del loro mestiere a favore di poste in gioco più generali, più lontane, più nobili; non si tratta solo di salire di generalità, guadagnare in universalità, acquisire più legittimità, secondo uno schema classico nella dinamica dei movimenti sociali. È che la pratica stessa della loro lotta implica un ricongiungimento con tutti quelli che, da parte loro, in un altro servizio, un’altra istituzione, un’altra funzione sociale, fanno esperienza della medesima logica generale, sentono le stesse parole, si confrontano con gli stessi dispositivi di potere. Se l’ADA ha avuto questa eco, è perché ha posto immediatamente la questione della logica generale delle riforme, designandola come “ideologia dell’uomo economico”. Ciò che importa, quindi, è la dimensione di trasversalità, più che quella di specificità. In questo senso, l’ADA è la sperimentazione di collettivi intellettuali trasversali. L’ADA è senza dubbio la prima manifestazione degli intellettuali trasversali collettivi.

       mf : Un altro punto di contatto considerevole tra il vostro appello e la riflessione di Foucault (pensiamo soprattutto alle analisi della governamentalità neoliberale contenute in Naissance de la biopolitique) è rappresentato dalla relazione istituita tra il modello del capitale umano e le tecniche di normalizzazione. Lungi dall’assistere a un’eclissi di ciò che Foucault ha definito il « dispositivo psy », secondo lei possiamo dire che il neoliberalismo ha “re-investito” la funzione di normalizzazione, iscrivendola in una razionalità che non passa più per l’opposizione normale/anormale, ma che risponde piuttosto a una logica di rinforzo dell’individuo-impresa (modello del self-empowerment)? Nel campo della vostra ricerca, cioè quello delle politiche scolastiche, che importanza riveste ciò che Robert Castel ha chiamato « una terapia per i normali »?

       C. Laval : Oggi, l’analisi della normalizzazione delle condotte a partire dall’imperativo della concorrenza riveste un’importanza considerevole. Tale questione oppone e opporrà senza dubbio sempre di più, da una parte, quelli che accettano come un dato irreversibile, come un principio naturale, la logica neoliberale e tutti i fenomeni di precarietà, di messa in crisi delle solidarietà sociali, di messa in causa dei servizi pubblici che l’accompagnano e, dall’altra parte, quelli per i quali l’obiettivo strategico è rappresentato dalla distruzione della “legge di concorrenza” propria al capitalismo, poiché tale “legge di concorrenza” generalizzata è precisamente il principio di normalizzazione degli individui, la molla della soggettivazione neoliberale, nelle sue due forme (la prestazione e il godimento illimitato). S’insiste molto sul fatto che una gran parte della social-democrazia, e che una parte degli ecologisti e dei centristi, si incontreranno all’altezza di questo asse di adattamento alle condizioni supposte insuperabili della mondializzazione. Tale nuova ed ennesima versione della “terza via” cerca già di presentare come novità le vecchie lune dell’“empowerment” e gli avatar dell’“uguaglianza delle possibilità”, tentando di far dimenticare il postulato della concorrenza di tutti contro tutti che è all’origine di questo genere di proposizioni falsamente progressiste. Fare in modo che ognuno sia “competitivo”, e soprattutto i più poveri, gli esclusi, gli andicappati, ecco un programma contro il quale noi insorgiamo, perché lottiamo contro la costrizione della competitività. Noi rifiutiamo la trappola della competizione. We would prefer not to.

Simile imperativo di adattamento normalizzante mira a raggiungere tutti gli individui, dal momento che a ciascuno è richiesto di essere competitivo: nessuno deve restare fuori dalla competizione. In questo senso, se la società è una sorta d’impresa universale, essa deve essere anche una sorta di scuola professionale generalizzata e un istituto globale di allenamento. Robert Castel, prolungando i lavori di Foucault, aveva messo in luce le propaggini di questa human engineering che punta a rendere gli individui più performanti, e le aveva del resto collegate alla governamentalità neoliberale. È precisamente la trasformazione del campo psy in vasto laboratorio di riparazione, di riciclaggio e di “ri-gonfiaggio” dei soggetti colti in difetto di prestazione che spiega, oggi, la mobilitazione massiva degli psy, in particolare attorno all’Appels des appels.

Per quel che riguarda la scuola, l’evoluzione in questo senso è manifesta. Tutto il sistema educativo si ricompone intorno al “paradigma” dell’apprendimento durante tutto il corso della vita, il lifelong learning dell’OCDE e della Commissione europea. Le riforme del sistema educativo, il cui principio è quello dell’occupabilità e dell’inserimento professionale, mirano a dotare i futuri salariati-imprenditori di se stessi di competenze spendibili sul mercato del lavoro a partire da una logica “d’orientamento attivo”, che li prepara a questa presa in carico (da parte di loro stessi) dell’aggiornamento permanente della propria occupabilità, ovvero, in termini marxisti, del valore d’uso della propria forza lavoro.

continua...

1   2   3

 
Copyright © 2010 Materiali Foucaultiani
All Rights Reserved

Site Design & Implementation by Pixed SNC - Logo by Cartabianca di Bruno Frati

Questo sito utilizza cookies tecnici per questioni di funzionamento basilare (gestione multilingua, analytics). Nessun dato personale è raccolto e utilizzato per fini commerciali. Per avere maggiori informazioni, leggi la nostra Informativa Privacy & Cookies.

Accetto i Cookies da questo sito.