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Eppure, nel caso dell’interpretazione di Sade, la questione non è così pacifica. Come fa giustamente notare Melegari, l’opera di Sade è certamente l’indice letterario della modernità, ma è anche qualcos’altro: essa contiene in sé il destino dell’epoca moderna. «Sotto il nome di Sade», sostiene Melegari, la modernità è «fin dall’inizio esposta alla sua distruzione». E questo perché con Sade siamo di fronte ad un uso del linguaggio che, oltrepassando ogni discorso pronunciato, vuole andare fino al limite del possibile affinché nulla possa essere più detto. L’unico scopo dei testi di Sade, scrive Foucault, è ripetere tutto ciò che è stato «praticato, desiderato, onorato, schernito, condannato, a proposito dell’uomo, di Dio, dell’anima, del corpo, del sesso, della natura, del prete e della donna» (M. Foucault, Il linguaggio all’infinito, in Scritti letterari, Feltrinelli, Milano 1980, p. 80) con l’intento di arrivare ad un esaurimento radicale del discorso stesso. Si tratta di cogliere l’opera sadiana come il primo caso di letteratura all’interno della quale si assiste, secondo Melegari, ad un esempio di scrittura auto implicante, modello che caratterizza l’esperienza letteraria della contemporaneità e che, scardinando la sovranità del soggetto, tende alla rovesciamento del rapporto tra autore e linguaggio.

Ora, è senz’altro vero che con Sade si assiste ad una nuova esperienza letteraria che rinnova il senso della scrittura. Scrivere un’opera non corrisponde più, da Sade in poi, ad un gesto attraverso il quale restituire voce ad una parola originaria altrimenti inaccessibile. Venuto meno il riferimento ad una Parola Prima, sovrana e originaria, da restituire nella concretezza dello stile, scrivere diventa un esercizio legato al mormorio anteriore che trasforma il libro da «spazio dove la parola prende figura (figure di stile, figure di retorica, figure di linguaggio) [a] luogo dove tutti i libri sono ripresi e consumati» (M. Foucault, Il linguaggio all’infinito, cit., p. 85). È questo il luogo della trasgressione: del gesto omicida che si compie grazie alla forza della ripetizione che insieme reitera e distrugge.

Ma può questo spazio costituire lo stesso ambito in cui collocare la letteratura contemporanea in quanto forma di scrittura auto implicante?

Questo è un punto molto complesso perché è lo stesso Foucault ad essere ambiguo. Da un lato fa di Sade il primo autore di un’esperienza letteraria che, oltrepassando il limite e l’autorità, si pone al di là della modernità, nell’orizzonte di una scrittura auto implicante. Da questo punto di vista, quindi, Sade non espone la modernità al suo declino, ne è già oltre. Dall’altra, Sade in Le parole e le cose è riconosciuto esplicitamente come l’autore della modernità, ovvero come colui che, mostrando lo slittamento di senso tra un’epoca e l’altra, è collocabile entro il quadro di riferimento moderno.

Credo che questa ambiguità possa essere spiegata a partire dal fatto che Foucault indaga su Sade da più punti di vista: negli anni ‘70 il sadismo diventa occasione per riflettere sul rapporto tra piacere, desiderio e verità (D.F. Agis, Michel Foucault, ética y política de la corporeidad, Ėdiciones Idea, Santa Cruz de Tenerife 2007); mentre negli anni ‘60, il filosofo legge e interpreta Sade da una duplice angolazione: come archeologo della conoscenza gli riconosce un ruolo ben preciso rispetto a temi quali l’avvento della modernità e l’arretramento del potere rappresentativo della rappresentazione nella scrittura; mentre in qualità di critico letterario cita Sade a proposito di temi quali la trasgressione e l’assenza d’opera, temi che molto caratterizzano la letteratura contemporanea, che, però, si colloca a mio avviso in uno spazio differente da quello tracciato dalla Biblioteca. Non è certamente questa la sede per riflettere sui rapporti tra letteratura e spazio, inteso come luogo disponibile ad accogliere le architetture della letteratura più recente. Mi preme comunque ricordare che è tema da non sottovalutare, soprattutto se si vuole inquadrare l’attività critico-letteraria del Foucault degli anni ‘60 facendo riferimento alla ricerca di quegli autori che, a vario titolo e in vario modo, hanno dato vita nel fervore culturale francese della seconda metà del secolo scorso alla cosiddetta “nouvelle critique” (su tale questione ha particolare rilievo il testo ancora inedito, ma di prossima pubblicazione in Francia, di una conferenza che Foucault tiene in Belgio nel 1964 dal titolo Langage et littérature. In proposito, cfr. M. Iacomini, Le parole e le immagini, Quodlibet, Macerata 2008, § 4.2, cap. IV, Lo spazio aleatorio e la letteratura, pp. 228-238).

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